NELLA TUA MESSA LA NOSTRA MESSA. NELLA TUA VITA LA NOSTRA VITA

SORELLE E FRATELLI CARISSIMI,
VI CHIEDO UNA PREGHIERA PER IL MIO PRIMO RINNOVO
DEI VOTI,
SVOLTOSI QUESTA MATTINA ALLE ORE 10.30
NELLA NOSTRA CHIESA DELLA COMUNITA’ DI
ZEVIO.
 
GRAZIE. RICAMBIERO’ CON TUTTO IL
CUORE.
 

FRATEL ROBERTO

Zevio, 16 Settembre 2007

 

Sorelle e Fratelli Carissimi,

ieri sera pensavo a che cosa avrei potuto scrivere in
occasione del mio primo rinnovo dei voti di castità, povertà e obbedienza nella
Congregazione di Gesù Sacerdote. Mi sono venute in mente varie cose, ma poi
pensavo di annoiare tutti voi.

A questo punto mi è tornata alla mente un’esperienza
vissuta quando avevo tredici anni, nel 1993.

A quel tempo non ci pensavo, ma adesso, riflettendo su
quei giorni, credo che il Signore già allora stesse seminando nel mio cuore
l’amore per il Clero.

Dicevo che avevo tredici anni, quando, una domenica
mattina, ci trovavamo tutti in Chiesa per la
Messa. Io ero seduto nel banco con la
Mamma. Si stava recitando la corona dei
“Cento requiem”; in quel giorno, infatti, si celebrava il settimo di una donna
morta la settimana prima. Non ricordo per quale motivo, ma la Mamma mi mandò in sacrestia.
Quando tornai la Mamma
mi chiese: “Ma c’è il don Augusto”? Io risposi di sì, convinto di averlo visto,
talmente abituato com’ero. In realtà non fu così.

Il tempo passava: la Messa doveva già essere cominciata da un pezzo.
Mio Cugino, che è il sacrestano ancora oggi, andò in canonica, che si trova al
di là del fiume, essendo il nostro un paese con due parrocchie ed un parroco
solo, a chiamare don Augusto. Ad un certo punto tornò e dal fondo della Chiesa
disse a tutti noi: “Ho suonato il campanello, ho chiamato più volte, ma il
Prete non risponde”. La gente si allarmò.

Alcuni uomini, insieme a mio Cugino, tornarono alla
canonica e sfondarono la porta. Trovarono don Augusto per terra in cucina e
capirono, dal disastro, che si era sentito male. Fu ricoverato subito
all’ospedale di Morbegno. Da quel giorno non ritornò più nella sua parrocchia,
se non per il suo funerale.

Dopo la degenza in ospedale, fu trasferito in una casa
di riposo. La Mamma,
mia Sorella ed io andavamo tutti i sabati pomeriggio a fargli visita, sebbene
la casa di riposo distasse una buona oretta dalla nostra abitazione. Ma don
Augusto aveva fatto tanto per il nostro paese e noi gli volevamo davvero bene.

Il mese successivo (siamo nel marzo 1993) fu inviato
al nostro paese un Prete, non come Parroco, ma come aiutante, nell’ attesa che
il Vescovo nominasse il nuovo Parroco.

Fu così che la prima domenica di marzo 1993 arrivò a
celebrare la Messa
don Franco, un Prete di trent’anni. Prima di dare la benedizione finale disse:
“Se vi fa’ piacere io sono disponibile a venire a celebrarvi la Messa tutti i giorni”.
Pensate che umiltà! Chiese alla popolazione se fosse d’accordo che lui venisse
a sostituire temporaneamente il Parroco. Ovviamente la gente fu molto felice
che un Prete venisse tutti i giorni in paese per la Messa.

In Parrocchia tutto proseguiva tranquillo, la Messa ogni giorno, il
Rosario, la Confessione
per chi voleva. La parrocchia aveva un altro Pastore ed era felice di seguirlo.

Io andavo, come con don Augusto, a servire la Messa quasi tutti i giorni.
Scoprii, così, con dolore, il motivo per cui il Vescovo non gli avrebbe mai
affidato l’incarico di curato o parroco stabile. Nei momenti che precedevano la Santa Messa, in sacrestia, dopo
essersi messo la casola, appoggiava i gomiti sull’armadio della sacrestia e
metteva le mani sulla faccia. Restava in silenzio, don Franco, ed io lo
guardavo in silenzio, fermo in quella posizione, fino a quando i rintocchi del
campanile lo obbligavano a muoversi per andare in Chiesa a celebrare. A volte
mi sembrava che, silenziosamente, piangesse. Povero don Franco. Io avevo solo
tredici anni e non riuscivo a parlare, non sapevo cosa dirgli vedendolo così
triste.

Un giorno, però, vedendo un libro con la copertina
verde vicino a lui, presi coraggio. “Cos’è”? domandai a don Franco. Lui mi
guardò e mi disse: “È un libro di preghiera. La liturgia delle ore. Se un
giorno diventerai Prete, lo daranno anche a te. Puoi guardarlo se vuoi”. Lo
ringraziai e diedi un’occhiata a quel libro: il Breviario. Da quel giorno
parlai più spesso con don Franco e lui era molto contento. A Natale mi regalò
un’agenda per l’anno nuovo.

Era un Prete di grande fede, don Franco. Guidava lui
il Rosario prima della Messa, tutto in ginocchio. Nei venerdì di Quaresima
faceva la Via Crucis.
Era un Santo. E non lo dico solo perché pregava, ma anche perché non fece mai
pesare a nessuno il motivo vero della sua tristezza. Venni saperlo un giorno e
preferisco non dire da chi e in che modo. Ecco il motivo per cui don Franco
piangeva. Un giorno di alcuni anni prima si trovava alla guida della sua
macchina. Era con un amico, anch’egli Prete. I due Sacerdoti ebbero un
incidente e l’amico di don Franco morì. Don Franco si sentiva colpevole della
morte dell’amico e soffrì un grande esaurimento nervoso. Ora stava meglio. Ma
non ce l’avrebbe mai fatta a perdonare se stesso per quanto accaduto.

La gente in paese lo amava, ma dopo poco più di un
anno dalla sua venuta, il Vescovo annunciò la nomina del nuovo Parroco. Mi
ricordo quel sabato, l’ultima sua Messa celebrata da noi. In sacrestia mi
disse: “Dopo piego il mio camice personale e lo porto via, perché domani non
celebro io”. Si commosse tanto all’offertorio. Nelle ferie le donne non erano
solite cantare, ma quel giorno intonarono, all’offertorio, come ringraziamento
al Signore e a don Franco: “Nella tua Messa la nostra Messa. Nella tua Vita la
nostra Vita”. Terminata la celebrazione, sulla porta della Chiesa, la
sacrestana Severina gli disse: “Grazie, don Franco, di tutto quello che ha
fatto per la nostra Parrocchia. Per le Messe, per le Comunioni, per le
Confessioni. Il Signore lo benedica e gliene renda merito. Auguri tanti e, se
non ci vediamo più, arrivederci in Paradiso”. Don Franco ci fece un grande
sorriso e disse: “Speriamo di vederci in gelateria a mangiare un buon gelato”.
Fu l’ultima volta che lo vidi.

Il 3 luglio 1994 faceva il suo ingresso il nuovo
Parroco, don Ezio. Il 6 settembre, nella sua stanza della casa di riposo,
moriva per infarto don Augusto. Dieci giorni dopo, il 15 settembre 1994,
entravo in Seminario per iniziare la quarta ginnasio. Dieci anni dopo, il 15
settembre 2004, facevo, a Villa Iride, il mio ingresso in noviziato in questa
Congregazione di Gesù Sacerdote. Un anno fa, il 16 settembre 2006, nella Chiesa
di questa mia Comunità, pronunciavo la Professione Religiosa
Temporanea. Oggi rinnovo i voti. Padre Mario Venturini, il nostro Venerabile
Fondatore, alcuni giorni prima di morire, il 16 marzo 1957, appena tornato a
Trento, dopo aver predicato un corso di Esercizi Spirituali ai Sacerdoti
Pugliesi, confidò a un Confratello: “C’è tanto da fare per i Sacerdoti. Non si
può andare da per tutto; ma con la preghiera arriviamo in ogni luogo, e senza
tanto stancarci”.

 

Con amicizia

 

Fratel Roberto

 

I nomi utilizzati sono casuali

 

 

Lascio a voi quest’altra bellissima testimonianza:

 

“Il 4 maggio di
quest’anno si è svolta l’annuale visita culturale e religiosa dello Studio
Teologico San Zeno di Verona. La meta scelta è stata la stupenda città di
Ravenna.

Sulla strada del ritorno,
mentre viaggiavamo sul pullman,

un mio compagno di classe
Seminarista si avvicinò a me.

Mi disse: “Vi stimo
molto. Lo sai che da quando ho conosciuto la vostra Congregazione

e il carisma per il quale
donate la vostra vita sono più felice. Io sono entrato in Seminario in prima
media, quando ero ancora piccolo. L’inesperienza del mondo, di ciò che avviene
ogni giorno fuori dalle mura del Seminario, mi ha sempre fatto provare una certa
paura e agitazione. Dicevo: «Signore, cosa mi succederà domani, da Prete,
catapultato in parrocchia, in mezzo alla confusione del mondo? Sarò capace di
attendere alla mia vocazione di Presbitero?

Se avrò difficoltà, mi
aiuterà qualcuno?».

Dopo aver conosciuto la
vostra Opera mi sento più tranquillo. Ben venga se andrà tutto bene, se ci
saranno pochi problemi, magari piccoli,  e sarò capace di risolverli.

Ma adesso non sento più
quella paura, quella agitazione,

perché so che se un
giorno, quando sarò Prete, non sarò capace di risolvere qualche questione,

avrò bisogno anche solo
di riflettere o di riposare un po’,

ci sarà qualcuno che, con
la preghiera e la propria vita, sarà felice di aiutarmi”.

 

 

 

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3 risposte a NELLA TUA MESSA LA NOSTRA MESSA. NELLA TUA VITA LA NOSTRA VITA

  1. Marco ha detto:

    CIao carissimo fratello! bellissimo questo post!! TI faccio un grande in bocca al lupo..confida nel Signore..
    Ti invito nel mio blog, vorrei che anche tu lasciassi un parere al mio ultimo post…
    Una Santa notte nel Signore
     

  2. Gianluca ha detto:

    carissimo mi ha colpito tanto questo tuo intervento e anche se i nomi non erano quelli esatti è il significato del racconto che è essenziale………. tanti auguri di un buon natale di Gesù e confidiamo sempre in Dio padre grande e misericordioso con l\’aiuto dello Spirito Santo….

  3. Silvia ha detto:

    Ciao, mi ha colpito molto la tua storia. Sissi 

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