SAN GIUSEPPE, SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA (Solennità anticipata dal giorno 19)

San Giuseppe campione di Fede:


La vita di San Giuseppe è stata veramente travolta dalle iniziative di
Dio, iniziative misteriose, iniziative al di là della possibilità di
capire. San Giuseppe si è lasciato condurre perché era giusto e
"giusto" è l’uomo che vive di fede.
Dove
lo porta il Signore? Non lo sa, Dio non glielo dice, non gli spiega
niente e lui obbedisce lo stesso. Ha sempre detto di sì con la vita,
non con le parole. Non ha mai avuto questioni da sollevare, dubbi da
proporre.

San Giuseppe agisce nel silenzio:



E come è fecondo questo silenzio! Esso permette che tra la parola di
Dio e l’obbedienza di San Giuseppe non ci sia soluzione di continuità.
Dio parla e San Giuseppe fa.
"Non temere…", e lui non teme, tutti i drammi sono finiti.
"Alzati…", e lui si alza, eccolo già per strada .
"Ritorna…", ed è già di ritorno.
Questa immediatezza di San Giuseppe a tutti i cenni del Signore, ci dimostra la sua bella disposizione interiore!

San Giuseppe è l’Umile:


È
stupendo questo esempio di San Giuseppe che, pur essendo capo di casa,
è semplicemente a servizio, con una familiarità fatta di abbandono e di
continua dedizione. San Giuseppe non misura la vita di Gesù e della
Vergine sulle sue esigenze, ma mette la sua vita a servizio delle loro.
Non parte per l’Egitto quando fa comodo a lui, ma quando l’interesse di
Gesù lo richiede.

San Giuseppe è un uomo coerente:


San
Giuseppe è un laico nel senso più pregnante della parola, laico perché
non caratterizzato da nessuna funzione ufficiale: è un uomo come tutti,
inserito fino in fondo nelle realtà terrene per offrirle come supporto
all’Incarnazione. Il Verbo si incarna in una famiglia di cui San
Giuseppe è il capo e vive nella realtà delle creature umane, nella
condizione più universale, che è quella del lavoro e della povertà. San
Giuseppe ci insegna come si offra al Cristo il servizio di una vita
totalmente inserita nelle realtà terrene.
Il suo non è un patronato
più o meno trionfalistico, ma qualcosa di più profondo, che deriva da
una realtà interiore. San Giuseppe ci fa comprendere il contenuto del
servizio per il Regno e ci aiuta ad essere nella storia della salvezza
coloro che in Cristo credono, a Cristo obbediscono e di Lui si fidano.

Dalla
iniziativa di Dio San Giuseppe si trova inserito in modo estremamente
compromissivo nel mistero dell’Incarnazione del Verbo:

  • San Giuseppe è lo sposo di Maria
  • San Giuseppe sarà il padre putativo di Gesù
  • Porterà avanti l’Incarnazione come avvenimento storico, come fatto umano e societario.
  • Sarà
    San Giuseppe a presiedere la famiglia di Nazareth, a sostenerla con il
    suo lavoro, a difenderla e a proteggerla, senza fare la parte del
    protagonista, ma lasciando a Dio di esserlo.

  • San Giuseppe è il
    custode della più alta e sacra verginità, quella di Maria, e della
    immacolatezza del Figlio di Dio. E come lo è stato? Non mettendosi a
    dire: qui ci sono io che li difendo tutti e due, ma scomparendo.. Ha
    custodito la santità di Gesù e di Maria scomparendo agli sguardi di
    tutti, fuorché i loro.

San Giuseppe si è lasciato travolgere
dal Signore e condurre per strade misteriose. Ha rinunciato a capire e
ha accettato di credere, ha rinunziato a comandare e ha accettato di
obbedire.
Eppure, credendo, si è lasciato condurre dal Signore e
questi lo ha introdotto in un modo particolarmente intimo nel mistero
dell’Incarnazione e della salvezza.

San Giuseppe, questo
amabilissimo patrono della vita spirituale, ci aiuti ad essere molto
presenti solo al cuore e agli occhi di Dio, e quanti più saranno a
dimenticarsi di noi, tanto meglio, perché in questo nostro scomparire
agli occhi di tutti e agli stessi nostri occhi, il nostro io sappia
perdersi nella adorazione umile e silenziosa della infinita grandezza
dell’unico Dio e Signore nostro.

LA VITA DI SAN GIUSEPPE


Giuseppe nacque probabilmente a Betlemme, il padre si chiamava Giacobbe
(Mt 1,16) e pare che fosse il terzo di sei fratelli. La tradizione ci
tramanda la figura del giovane Giuseppe come un ragazzo di molto
talento e un temperamento umile, mite e devoto.

Giuseppe era un falegname che abitava a Nazareth. All’età di circa
trenta anni fu convocato dai sacerdoti al tempio, con altri scapoli
della tribù di Davide, per prendere moglie. Giunti al tempio, i
sacerdoti porsero a ciascuno dei pretendenti un ramo e comunicarono che
la Vergine Maria di Nazareth avrebbe sposato colui il cui ramo avrebbe
sviluppato un germoglio. "Ed uscirà un ramo dalla radice di Jesse, ed
un fiore spunterà dalla sua radice" (Isaia). Solamente il ramo di
Giuseppe fiorì e in tal modo fu riconosciuto come sposo destinato dal
Signore alla Santa Vergine.

Maria, all’età di 14 anni, fu data in sposa a Giuseppe, tuttavia ella
continuò a dimorare nella casa di famiglia a Nazareth di Galilea per la
durata di un anno, che era il tempo richiesto presso gli Ebrei, tra lo
sposalizio e l’entrata nella casa dello sposo. Fu proprio in questo
luogo che ricevette l’annuncio dell’Angelo e accettò: "Eccomi, sono la
serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Poiché l’Angelo le aveva detto che Elisabetta era incinta (Lc 1,39),
chiese a Giuseppe di accompagnarla dalla cugina che era nei suoi ultimi
tre mesi di gravidanza. Dovettero affrontare un lungo viaggio di 150 Km
poiché Elisabetta risiedeva ad Ain Karim in Giudea. Maria rimane presso
di lei fino alla nascita di Giovanni Battista.

Maria, tornata dalla Giudea, mise il suo sposo di fronte ad una
maternità di cui non poteva conoscerne la causa. Molto inquieto
Giuseppe combatté contro l’angoscia del sospetto e meditò addirittura
di lasciarla fuggire segretamente (Mt 1,18) per non condannarla in
pubblico, perché era uno sposo giusto. Infatti, denunciando Maria come
adultera la legge prevedeva che fosse lapidata e il figlio del peccato
perisse con Lei (Levitino 20,10; Deuteronomio 22, 22-24).

Giuseppe stava per attuare questa idea quando un Angelo apparve in
sogno per dissipare i suoi timori: "Giuseppe, figlio di Davide, non
temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato
in Lei viene dallo Spirito Santo" (Mt 1,20). Tutti i turbamenti
svanirono e non solo, affrettò la cerimonia della festa di ingresso
nella sua casa con la sposa.

Su ordine di un editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di
tutta la terra (Lc 2,1), Giuseppe e Maria partirono per la città di
origine della dinastia, Betlemme. Il viaggio fu molto faticoso, sia per
le condizioni disagiate, sia per lo stato di Maria oramai prossima alla
maternità.

Betlemme in quei giorni brulicava di stranieri e Giuseppe cercò in
tutte le locande, un posto per la sua sposa ma le speranze di trovare
una buona accoglienza furono frustrate. Maria diede alla luce suo
figlio in una grotta nella campagna di Betlemme (Lc 2,7) e alcuni
pastori accorsero per fargli visita e aiutarli (Lc 2,16).

La legge di Mosè prescriveva che la donna dopo il parto fosse
considerata impura, e rimanesse 40 giorni segregata se aveva partorito
un maschio, e 80 giorni se femmina, dopo di che doveva presentarsi al
tempio per purificarsi legalmente e farvi un’offerta che per i poveri
era limitata a due tortore o due piccioni. Se poi il bambino era
primogenito, egli apparteneva per legge al Dio Jahvè. Venuto il tempo
della purificazione, dunque, si recano al tempio per offrire il loro
primogenito al Signore. Nel tempio incontrarono il profeta Simeone che
annunciò a Maria: "e anche a te una spada trafiggerà l’anima" (Lc 2,35).

Giunsero in seguito dei Magi dall’oriente (Mt 2,2) che cercavano il
neonato Re dei Giudei. Venuto a conoscenza di ciò, Erode fu preso da
grande spavento e cercò con ogni mezzo di sapere dove fosse per poterlo
annientare. I Magi intanto trovarono il bambino, stettero in adorazione
e offrirono i loro doni portando un sollievo alla S. Famiglia.

Dopo la loro partenza, un Angelo del Signore, in apparizione a
Giuseppe, lo esortò a fuggire: "Alzati, prendi con te il bambino e sua
madre e fuggi in Egitto, e sta la finché non ti avvertirò; perché Erode
sta cercando il bambino per ucciderlo" (Mt 2,13).

Giuseppe si mise subito in cammino con la famiglia (Mt 2,14) per un
viaggio di circa 500 Km. La maggior parte del cammino si svolse nel
deserto, infestato da numerose serpi e molto pericoloso a causa dei
briganti. La S. famiglia dovette così vivere la penosa esperienza di
profughi lontano dalla propria terra, perché si adempisse, quanto era
stato detta dal Signore per mezzo del Profeta (Os XI,1): «Io ho
chiamato il figlio mio dall’Egitto» (Mt 2,13-15).

Nel mese di Gennaio del 4 a.C, immediatamente dopo la morte di Erode,
un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli
disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e và nella terra
d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il
bambino» (Mt 2,19). Giuseppe obbedì subito alle parole dell’Angelo e
partirono ma quando gli giunse la notizia che il successore di Erode
era il figlio Archelao ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno,
si ritirò nella Galilea e andò ad abitare in una città chiamata
Nazareth, perché si adempisse quanto era stato detto dai profeti: «Egli
sarà chiamato Nazareno» (Mc 2,19-23).

La S. famiglia, come ogni anno, si recò a Gerusalemme per la festa di
Pasqua. Trascorri i giorni di festa, si incamminarono verso la strada
del ritorno credendo che il piccolo Gesù di 12 anni fosse nella
comitiva. Ma quando seppero che non era con loro, iniziarono a cercarlo
affannosamente e, dopo tre giorni, lo ritrovarono al tempio, seduto in
mezzo ai maestri, mentre li ascoltava. Al vederlo restarono stupiti e
sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo
padre e io, angosciati ti cercavamo». (Lc 2,41-48).

Passarono altri venti anni di lavoro e di sacrificio per Giuseppe
sempre accanto alla sua sposa e morì poco prima che suo figlio
iniziasse la predicazione. Non vide quindi la passione di Gesù sul
Golgota probabilmente perché non avrebbe potuto sopportare l’atroce
dolore della crocifissione del Figlio tanto amato.

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